Giancarlo Giannini ha recentemente attirato l’attenzione dei media con la sua partecipazione alla conferenza stampa dedicata alla premiazione della Stella della Mole.
Questa celebrazione, che ha visto la presenza di nomi illustri come Rosario Dawson e Matthew Broderick, ha messo in luce la personalità controversa e l’opinione critica dell’attore italiano nei confronti dell’industria cinematografica attuale. A fronte di un’evidente stanchezza, Giannini ha comunicato con schiettezza le sue riflessioni, lasciando trasparire anche un pizzico di nostalgia per il cinema di un tempo.
Dopo una notte di riposo agitato, Giancarlo Giannini si è presentato alla conferenza con un tono di nervosismo, sottolineando la presenza di “cento fotografi come ad Hollywood“. Sebbene il suo umore fosse tutt’altro che festoso, l’attore ha espresso una certa soddisfazione per aver ricevuto il premio della Stella della Mole. Tuttavia, non ha mancato di dimostrare il suo scetticismo nei confronti della nuova industria cinematografica. La sua esperienza e il peso degli anni rendono assai difficile il suo entusiasmo per un settore in continua evoluzione, che lui stesso ha descritto come “cambiato in modo impressionante e poco accattivante“.
Questa incertezza nei confronti del presente si riflette nella sua affermazione di preferire il cinema del passato. La nostalgia per opere che hanno connotato la sua carriera è palpabile. Giannini riconosce che i film di grandi registi come Spielberg e Wenders siano delle eccezioni positive, ma è evidente che il suo cuore batte per il passato, lasciando intravedere la sua insoddisfazione per le nuove produzioni.
Durante la conferenza, Giannini non si è risparmiato nel descrivere le sue riserve sul cinema moderno. Ha accennato che, sebbene la pandemia abbia influito sulla sua visione, i pochi film che ha avuto modo di vedere gli hanno lasciato una sensazione di delusione. Parlando con decisione, ha messo in evidenza come ci si allontani sempre di più dalla semplicità e dalla fantasia, elementi che lui ritiene fondamentali per una narrazione efficace. Secondo Giannini, i capolavori di un tempo non hanno paragoni con le attuali produzioni, tanto che ha affermato di non considerarsi nemmeno un attore, bensì un “perito elettronico“, suggerendo una visione piuttosto pragmatica del suo ruolo.
Inoltre, l’attore ha evidenziato l’importanza di adattare il cinema alle nuove forme espressive, accennando a possibili film più brevi. Sebbene non sottovaluti i benefici del digitale, la sua preoccupazione è che il settore cinematografico non abbia ancora compreso pienamente la rivoluzione che questa tecnologia comporta. Un chiaro stacco con una certa idealizzazione del passato, che egli sente essere assente nei film contemporanei.
Un aspetto che emerge con forza dal discorso di Giannini è la sua richiesta di un ritorno alla semplicità nelle narrazioni cinematografiche. L’attore sostiene che la vita e qualsiasi storia abbiano bisogno di essere raccontate in modo umano, con un approccio mistico. A suo parere, questo è un elemento che sembra mancare nei film moderni. Secondo lui, si è persa la capacità di raccontare storie in modo genuino e autentico, con uno sguardo che lavori sulla fantasia e sulla meraviglia.
Eventi recenti come la sua partecipazione a “The Fabelmans” di Spielberg hanno celebrato generalmente storie personali, che Giannini ha descritto come “geniali“. Al contempo, egli ha fatto riferimento anche a registi come Kubrick e Kurosawa, suggerendo che la grande arte cinematografica deve spingersi oltre, rivalutando la semplicità come un grande valore. L’appello al “misticismo” è un invito a riscoprire gli aspetti più profondi e significativi della vita, un approccio che, secondo lui, è necessario riportare nel nostro modo di raccontare storie sul grande schermo.
Queste considerazioni di Giannini, espresse con una certa frustrazione e nostalgia, offrono spunti di riflessione sul futuro del cinema, portando alla luce le sfide e le opportunità che lo attendono in un panorama sempre più complesso e variegato.